A cura di SPES S.a.S.
Nei momenti di grande tensione è utile allontanarsi dal rumore del dibattito e concentrarsi su dati concreti. Opinioni e proclami, anche di figure autorevoli, rischiano di restare esercizi retorici privi di fondamento. Parlare di soluzioni senza indicare come raggiungerle lascia inevitabilmente un senso di incompiutezza. Per questo vale la pena soffermarsi sulla situazione dei trasporti internazionali, con particolare riferimento a quelli marittimi.
Lo scenario attuale è segnato da fattori destabilizzanti: guerre in corso, svalutazione del dollaro, dazi statunitensi e una più generale crisi identitaria delle civiltà, compresa la nostra. I trasporti marittimi riflettono pienamente questa confusione e mostrano dinamiche contraddittorie.
Secondo Alphaliner, a giugno 2025 solo sette navi portacontainer sono state avviate alla demolizione: uno dei dati più bassi degli ultimi vent’anni. Nel 2022 furono appena cinque, ma con una capacità di stiva rimossa molto più elevata (12.000 teus contro i 4.000 di quest’anno). Allo stesso tempo, gli ordini per nuove navi negli ultimi dodici mesi porteranno a breve sul mercato circa 10 milioni di teus aggiuntivi, a cui potrebbe sommarsi un ulteriore milione da ordini pendenti. È la più imponente espansione di capacità dal 2010, che allora richiese dieci anni per essere assorbita.
Un altro dato critico riguarda i container vuoti: oggi, per ogni dieci miglia percorse da un container pieno, se ne percorrono 4,1 con uno vuoto, contro le 3,1 del 2019. Un aumento che pesa sull’efficienza complessiva della logistica.
Secondo il WTO, nel 2024 gli scambi globali di merci sono cresciuti del 2,9%. Per il 2025 si prevede un incremento più contenuto, pari allo 0,9%, mentre per il 2026 è attesa addirittura una contrazione dell’1,8%.
Alla conferenza di Singapore, Frédéric Denéfle, presidente dell’International Union of Marine Insurance (IUMI), ha evidenziato diversi fattori: rotte più lunghe e costose per evitare aree a rischio, una possibile ripresa del trasporto terrestre e del nearshoring, l’aumento dei prezzi con impatto sull’inflazione, la riorganizzazione delle catene di approvvigionamento con nuovi investimenti infrastrutturali, il crescente ricorso all’intelligenza artificiale e l’apertura verso corridoi commerciali alternativi e mercati emergenti.
Il mercato reagisce in modi diversi. Le compagnie marittime, alcune delle quali a partecipazione pubblica, dopo anni di bilanci positivi continuano a investire nel lungo periodo, ampliando la capacità di stiva. Gli operatori di terra, invece, ragionano sul breve termine, adattando le proprie strategie al presente.
Mentre i mercati occidentali mostrano segnali di saturazione, si affacciano nuove aree di interesse: l’Africa, l’America Latina e le rotte che dall’Asia attraversano il Mar Caspio e il Mar Nero fino all’Europa orientale. Qui potrebbe nascere la prossima rivoluzione del commercio internazionale.
I numeri non tradiscono: il commercio mondiale è già nel pieno di trasformazioni radicali. Come ricordavano i Templari con il motto ordo ab chao — l’ordine che nasce dal disordine — anche dal caos attuale possono emergere nuove opportunità.